sabato 14 marzo 2009

I Cinesi presentano il conto

Ieri il Premier Cinese Wen Jiabao ha dichiarato:
"Sono preoccupato per gli investimenti negli Usa"....
"Abbiamo prestato molto danaro agli Stati Uniti. Certamente siamo preoccupati per la sicurezza dei nostri investimenti"....
"Per essere franco, io sono un po' preoccupato. E' per questo che io vorrei di nuovo invitare (...) gli Stati Uniti a rispettare la loro parola e i loro impegni a garantire la sicurezza degli investimenti cinesi" ha aggiunto il premier cinese.
Wen ha detto che Pechino "aspetta di vedere i risultati del piano di rilancio economico del presidente Barack Obama ma ha espresso il timore che la massiccia politica di spesa pubblica americana e tassi di interesse vicini a zero possano erodere il valore dei titoli di stato americani nei forzieri dello stato."

Mi sembra che la parola chiave sia "precoccupato"...
Preoccupazione più che fondata visto che la Cina è il maggiore investitore in debito governativo statunitense: si stima che il 70% dei 2.000 miliardi di dollari di riserve valutarie cinesi, le maggiori del mondo, siano rappresentate da asset in dollari.
Wen è preoccupato che gli USA stiano preparando un bel falò a base di super-inflazione per bruciare un bel po' di debito pubblico (come si faceva in Italia negli anni '70 dove si stampavano lire, Banca d'Italia comprava titoli di stato, si svalutava la lira ed il debito, facendo schizzare l'inflazione oltre il 10%...)
Come scrive oggi Rampini su Repubblica
Soprattutto, i leader cinesi temono che Washington stia costruendo le premesse per un'uscita dalla crisi basata sulla vecchia ricetta "inflazione più svalutazione". E' una strategia che ha illustri precedenti storici: la via maestra per alleggerire il debito è stampar moneta e creare inflazione. Pechino ha osservato con allarme la mossa spregiudicata della Banca centrale svizzera che ha innescato una svalutazione del franco: un piccolo precedente che può segnare l'inizio di una catena di svalutazioni competitive.....però vogliono da Washington delle garanzie: niente protezionismi stile Buy American, e no alle svalutazioni competitive.

Uno dei possibili effetti della "grande crisi" è la destabilizzazione dell’equilibrio tra economia americana e cinese.
L’economia statunitense è entrata in recessione: dopo qualche mese questo fattore ha provocato un rapido calo della crescita economica cinese.
Già un anno fa gli indici azionari cinesi erano stati pesantemente colpiti dalla crisi finanziaria mondiale
(si narrava che i cinesi, "giocatori d'azzardo nati", avessero investito negli assets tossici),
ma la tenuta della crescita cinese aveva fatto pensare che questa potesse fare a meno degli USA: i dati più recenti fanno pensare il contrario, ed era prevedibile.

Le relazioni economiche tra USA e Cina hanno avuto un rapido sviluppo a partire dal 2000: con lo sboom della new economy e la conseguente politica monetaria espansiva, gli USA hanno di fatto smesso di risparmiare ed hanno aumentato i consumi a livelli difficilmente sostenibili nel lungo termine, sperando che l’apprezzamento continuo delle abitazioni e le architetture finanziarie della leva e del debito potessero essere sufficienti per sostenere questi eccessi.
I cinesi ne hanno approfittato per comprare una marea di titoli del Tesoro USA ed esportare merci verso il mercato dei più voraci consumatori del globo terrestre.
Di fatto, i cinesi ci mettevano i risparmi e le merci mentre gli USA i consumi.
Ma comprare merci senza vendere altre merci in quantità uguale o superiore significa comprare a debito: il prezzo da pagare per il boom consumistico USA è stata quindi una rapida espansione del deficit commerciale e un rapido aumento del debito commerciale con il resto del mondo.
Allo stato attuale, gli USA hanno 20,000 miliardi di dollari di debiti col resto del mondo, e 17,600 miliardi di crediti. In pratica, hanno 2,400 miliardi di debito netto, una cifra che aumenta di 200 miliardi l’anno per via dei nuovi acquisti a debito (deficit commerciale).
Tutto questo ha aiutato noevolmente la crescita economica cinese: investire in Cina oggi significa investire in un paese dove la produzione costa poco, per poi vendere in un mercato pressoché illimitato dall’altra parte del Pacifico.
I cinesi con i loro risparmi consentivano il finanziamento del deficit USA, e questa offerta di credito ha tenuto bassi gli interessi USA per praticamente un decennio; vista dall’altra parte dell’Oceano, la fortissima domanda di consumo USA ha aumentato i rendimenti degli investimenti in Cina, consentendo una rapida espansione industriale.

Questa liason dangereuse, questo equilibrio perfetto adesso rischiano di saltare e di danneggiare entrambi.
Si sta già assistendo ad una delicata partita tra USA e Cina alla ricerca di un nuovo equilibrio.

Termino con un esempio pratico del meccanismo sopra descritto:
questa estate una signora americana mia amica mi ha raccontato che tutte le signore sue conoscenti usano la carta di credito per fare shopping. Fin qui nulla di strano: il problema è che a furia di consumare sopra le loro possibilità non riescono più a rimborsare entro il 10 del mese successivo le spese del mese precedente. Invece di sospendergli la carta, gli istituti di credito hanno permesso alle desperate housewives di accumulare fino a 30-40mila dollari di debito. E successivamente, invece di fare un severo recupero del credito pignorando anche i bigodini di queste signore...hanno loro proposto di pagare mensilmente solo gli interessi sul debito cumulato ed intanto possono continuare tranquillamente a spendere.
It is only a piece of plastic
commentavano le rispettabili signore americane...con ancora tutti i loro bigodini in testa...
Indovinate un po' chi ha comprato dagli istituti di credito americano il debito di quelle carte??...Permettendo di fatto che si continuasse a spendere e consu
mare...
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